Roberto Farinacci

Dino Grandi

Ciano nel giorno del suo matrimonio con
Edda Mussolini

ORDINE DEL GIORNO GRANDI - Ultima seduta del Gran Consiglio del Fascismo ( 25/7 -1943)

Ordine del giorno

Tra le ore 17 del 24 e le ore 3 del mattino del 25 luglio 1943, in una tempestosa riunione durata dieci ore, il Gran Consiglio del Fascismo (che non si riuniva dal 7 dicembre 1939, quando era stata approvata la "non belligeranza" dell'Italia), mise in minoranza Mussolini.
Oltre a Mussolini, che presiedeva il Consiglio, erano presenti ventisette membri.
L'ordine del giorno Grandi (redatto dallo stesso Grandi, da Ciano e da Bottai), che prevedeva l'allontanamento del Duce del fascismo, prevalse con 18 si contro 7 no, una astensione ed un voto per un altro ordine del giorno.

Prima delle votazioni, parlò Mussolini:
"Quest'ordine del giorno - disse - pone problemi molto gravi di dignità personale. Se il re accetta la restituzione della delega dei poteri militari, questo significa che io debbo essere decapitato. È meglio parlarci chiaro. Io ho ormai sessant'anni e so cosa vogliono dire queste cose. Se poi domani il re a cui portassi questo vostro ordine del giorno dovesse rinnovare la sua fiducia in me, quale sarebbe la posizione di voi signori di fronte al re, di fronte al paese, di fronte al partito, di fronte a me personalmente?"

Nonostante le domande di Mussolini, il Consiglio gli votò contro. Alle 18 dello stesso 25 luglio il re Vittorio Emanuele III farà arrestare Mussolini (sostituito con il generale Badoglio) e l'11 gennaio 1944 furono fucilati a Verona i "traditori del Regime", cioè i firmatari non contumaci dell'ordine del giorno Grandi.

Ecco i tre ordini del giorno che furono presentati, discussi e votati: quello di Grandi, quello di Farinacci (che ebbe il voto del solo proponente) e quello di Scorza (concordato preventivamente con Mussolini).

1. Ordine del giorno Grandi
"Il Gran Consiglio, riunendosi in questi giorni di supremo cimento, volge innanzitutto il suo pensiero agli eroici combattenti d'ogni arma che, a fianco della fiera gente di Sicilia, in cui più alta risplende l'univoca fede del popolo italiano, rinnovano le nobili tradizioni di strenuo valore e d'indomabile spirito di sacrificio delle nostre gloriose Forze Armate.
Esaminata la situazione interna ed internazionale e la condotta politica e militare della guerra, proclama il dovere sacro per tutti gli italiani di difendere a ogni costo l'unità, l'indipendenza, la libertà della Patria, i frutti dei sacrifici e degli sforzi di quattro generazioni, dal Risorgimento ad oggi, la vita e l'avvenire del popolo italiano; afferma la necessità dell'unione morale e materiale di tutti gli italiani in quest'ora grave e decisiva per i destini della Nazione; dichiara che a tale scopo è necessario l'immediato ripristino di tutte le funzioni statali, attribuendo alla Corona, al Gran Consiglio, al Governo, al Parlamento, alle Corporazioni i compiti e le responsabilità stabilite dalle nostre leggi statutarie e costituzionali; invita il Capo del Governo a pregare la Maestà del Re, verso la quale si rivolge fedele e fiducioso il cuore di tutta la Nazione, affinché egli voglia, per l'onore e per la salvezza della Patria, assumere con l'effettivo comando delle Forze Armate di terra, di mare e dell'aria, secondo l'articolo 5 dello Statuto del Regno, quella suprema iniziativa di decisione, che le nostre istituzioni a lui attribuiscono, istituzioni che sono sempre state in tutta la nostra storia nazionale il retaggio glorioso della nostra augusta dinastia di Savoia."

2. Ordine del giorno Farinacci - "Il Gran Consiglio del fascismo, veduta la situazione interna ed internazionale e la condotta politico-militare della guerra sui fronti dell'Asse, rivolge il suo fiero e riconoscente saluto alle eroiche forze armate italiane e a quelle alleate, unite nello sforzo e nel sacrificio per la difesa della civiltà europea, alle genti della Sicilia invasa, oggi più che mai vicina al cuore delle altre genti, alle masse lavoratrici dell'industria e dell'agricoltura che potenziano col lavoro la patria in armi, alle camicie nere ed ai fascisti di tutta Italia che si serrano nei ranghi con la immutata fedeltà al regime; afferma: il dovere sacro per tutti gli Italiani di difendere fino all'estremo il sacro suolo della patria, rimanendo fermi nell'osservanza delle alleanze concluse; dichiara che a tale scopo è necessario e urgente il ripristino generale di tutte le funzioni statali, attribuendo al Re, al Gran Consiglio, al governo, al Parlamento, al partito, alle corporazioni i compiti e le responsabilità stabilite dal nostro statuto e dalla nostra legislazione; invita il capo del governo a chiedere alla Maestà del Re, verso il quale si rivolge fedele e fiducioso il cuore di tutta la nazione, perché voglia assumere l'effettivo comando di tutte le forze armate e dimostrare così al mondo intero che tutto il popolo combatte serrato ai suoi ordini, per la salvezza e la dignità d'Italia".

3. Ordine del giorno Scorza - "Il Gran consiglio del fascismo, convocato mentre il nemico - imbaldanzito dai successi e reso tracotante dalle sue ricchezze - calpesta la terra di Sicilia e dal cielo e dal mare minaccia la penisola; afferma solennemente la vitale e incontrovertibile necessità della resistenza a ogni costo. Certo che tutti gli istituti ed i cittadini - nella piena e consapevole responsabilità dell'ora - sapranno compiere il loro dovere sino all'estremo sacrificio, chiama a raccolta le forze spirituali e materiali della nazione per la difesa dell'unità, dell'indipendenza e della libertà della patria. Il Gran consiglio del fascismo, in piedi: saluta le città straziate dalla furia nemica e le loro popolazioni che in Roma - madre del cattolicesimo, culla e depositaria delle più alte civiltà - trovano la espressione più nobile della loro fermezza e della loro disciplina; rivolge il pensiero con la fiera commozione alla memoria dei caduti e alle loro famiglie che trasformano il dolore in volontà di resistenza e di combattimento; saluta nella Maestà del Re e nella dinastia sabauda il simbolo e la forza della continuità della nazione e l'espressione della virtù di tutte le forze armate che - insieme con i valorosi soldati germanici - difendono la patria in terra, in mare, in cielo; si unisce reverente al cordoglio del pontefice per la distruzione di tanti insigni monumenti dedicati da secoli al culto della religione e dell'arte. Il Gran consiglio del fascismo è convinto che la nuova situazione creata dagli eventi bellici debba essere affrontata con metodi e mezzi nuovi. Proclama pertanto urgente la necessità di attuare quelle riforme ed innovazioni nel governo, nel Comando supremo, nella vita interna del paese, le quali - nella piena funzionalità degli organi costituzionali del regime - possano rendere vittorioso lo sforzo unitario del popolo italiano".

Per l'ordine del giorno Grandi:
- risposero si: Grandi (Presidente della Camera), Federzoni, (Presidente dell'Accademia), De Bono (quadriumviro), De Vecchi (quadriumviro), Ciano (membro a titolo personale), De Marsico (Ministro della Giustizia), Acerbo¹ (Ministro delle Finanze), Pareschi (Ministro dell'Agricoltura), Cianetti (Ministro delle Corporazioni), Balella (Confederazione dei datori di lavoro dell'Industria), Gottardi (Confederazione degli Agricoltori), De Stefani, Alfieri, Rossoni, Bottai (membri a titolo personale), Marinelli (ex segretario amministrativo del Partito fascista), Albini (sottosegretario agli Interni) e Bastianini (Sottosegretario agli Esteri). I due ultimi non facevano parte del Gran Consiglio e furono invitati alla seduta da Mussolini che probabilmente pensava di poter contare su di loro;
- risposero no: Scorza (Segretario del Partito Fascista), Biggini (Ministro dell'Educazione), Polverelli (Ministro della Cultura Popolare), Tringalli Casanova (Presidente del Tribunale Speciale), Frattari (Confederazione dei datori di lavoro dell'Agricoltura), Buffarini (membro a titolo personale), Galbiati (Comandante della Milizia);
- astenuti: Suardo (Presidente del Senato);
per l'ordine del giorno Farinacci rispose si lo stesso Farinacci (membro a titolo personale).

¹ Giacomo Acerbo fu il relatore delle legge n. 2444 del 18 novembre 1923 (legge elettorale, chiamata dagli avversari Legge-Truffa). In base a questa legge, alla lista che avesse ottenuto la maggioranza relativa dei voti a livello nazionale (collegio unico nazionale, che sostituiva le circoscrizioni precedenti) - purché avesse almeno il 25% - venivano assegnati 2/3 dei seggi, mentre 1/3 era assegnato alle altre liste in proporzione ai voti ottenuti.